Contro lo stress: un altro lavoro è possibile

Immaginiamo un mondo in cui tutte le persone adulte lavorino.. Non per 12 ore al giorno, ma ognuno un po’, quanto basta per contribuire e vivere dignitosamente. Utopia? Forse. Ma anche un’idea interessante da esplorare.

Oggi nel mondo siamo oltre 8 miliardi di persone. Di queste, circa 5 miliardi sono in età lavorativa, ma solo 3,5 miliardi fanno parte della forza lavoro attiva, secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL). E tra questi, una buona parte è sovraccaricata, mentre un’altra è disoccupata, sottoccupata o esclusa del tutto da un’economia che funziona ancora secondo logiche obsolete.

C’è chi lavora troppo, chi non lavora affatto, chi vorrebbe lavorare meno, chi invece non riesce a trovare spazio per entrare nel sistema. E se redistribuissimo il lavoro in modo più equo? Se invece di far correre pochi fino allo sfinimento, permettessimo a più persone di lavorare meno, meglio, con più senso?

Una semplice riflessione: se ognuno lavorasse 4 ore al giorno, forse potremmo coprire lo stesso fabbisogno produttivo… e magari avremmo anche tempo per vivere. Per respirare. Per pensare. Per creare. Per prenderci cura di noi e degli altri.

Meno stress, meno burnout, più equilibrio. Lo so, sembra un sogno. Ma ogni cambiamento comincia da una domanda: perché no?

Diciamolo pure: lavorare oggi assomiglia sempre più ad una corsa a ostacoli con gli ostacoli che si moltiplicano ogni lunedì mattina…

E ogni giorno ti chiedi: ma davvero devo vivere così fino alla pensione (che ormai sembra un miraggio più che una realtà possibile)?

È proprio da domande come questa che nasce ApriSpazi.

Un blog, sì, ma anche un tentativo: quello di far respirare le vite che troppo spesso restano incastrate tra obblighi, ansie e automatismi. Parlare di lavoro, di stress non è solo raccontare un disagio diffuso: è cercare una via d’uscita, uno spiraglio. È chiedersi se davvero esiste un altro modo di vivere. E magari, iniziare a costruirlo.  

.

Il lavoro dovrebbe farci vivere. Non svuotarci!!

È vero: lavorare ci permette di vivere. Ci dà reddito, ci aiuta a sviluppare competenze, a sentirci utili, parte di qualcosa. In teoria, dovrebbe anche darci dignità e autonomia. Ma forse dovremmo aggiungere: dipende da che tipo di lavoro, e da come lo viviamo.

Perché oggi, più che mai, il lavoro sembra ruotare attorno a due parole: denaro e produttività. E tutto il resto – la salute mentale, il tempo per noi, perfino il rispetto – viene spesso dopo. O non viene proprio. Lavoriamo per guadagnare, ma finiamo per perdere: energie, entusiasmo, talvolta anche salute.

Il problema non è lavorare. Il problema è come e perché lavoriamo. Se l’unico obiettivo è “produrre” di più, sempre, senza limiti, allora non stiamo lavorando per vivere. Stiamo vivendo per lavorare.
E questo, a lungo andare, ci esaurisce.

Un altro aspetto da considerare è la svalutazione delle competenze e delle aspirazioni individuali. Non sempre facciamo ciò per cui abbiamo studiato, investito tempo, energie, sogni. Capita anzi sempre più spesso che, una volta entrati in un’azienda o nella pubblica amministrazione, si venga inseriti “dove serve”, laddove c’è un vuoto d’organico, non necessariamente dove potremmo dare il meglio.

Così, dopo anni di formazione o magari un concorso pubblico superato con fatica, ci si ritrova a svolgere mansioni lontane dalle nostre capacità, spesso ripetitive, a volte persino umilianti nella loro incoerenza con il proprio profilo.

E lo si fa in nome della flessibilità, della disponibilità, del famoso “spirito di adattamento” che ormai viene richiesto, più della competenza stessa.

Il problema? È che più che persone, diventiamo numeri. Tasselli da incastrare, non risorse da valorizzare. E ogni giorno passato a fare qualcosa che non ci rappresenta, ci spegne un po’.

E quando il lavoro ti svuota invece di nutrirti, quando fai qualcosa che non ti rappresenta, in un contesto che non ti ascolta, quando le tue giornate sono scandite da urgenze che non hai scelto, da ritmi che non puoi sostenere, da pressioni che non si allentano mai… allora sì, è lì che inizia lo stress lavoro-correlato.

Non è solo stanchezza. È qualcosa di più profondo e continuo. Una tensione che si accumula e che, a lungo andare, ti cambia. Ti toglie lucidità, energia, voglia di fare. Ti svegli già affaticata, ti trascini, conti i giorni che mancano al weekend, come se fossero l’unico senso.

Lo stress lavoro-correlato è il risultato di un sistema che spesso dimentica la persona. Un sistema che guarda alla performance, ma ignora il benessere.

Ed è qui che nasce una domanda: cosa possiamo fare, come individui e come società, per non restare incastrati in un sistema che ci logora?

È proprio per questo che ApriSpazi vuole parlare di lavoro, stress e benessere. Perché aprire spazi significa anche riconoscere dove ci stiamo perdendo e cominciare a respirare di nuovo.

Nel prossimo articolo vedremo non solo come le relazioni e il clima lavorativo incidano profondamente sul nostro benessere — arrivando fino a fenomeni tossici come straining, mobbing e burnout — ma anche cosa possiamo fare concretamente per non farci schiacciare dallo stress e iniziare a costruire più equilibrio, libertà e respiro nella vita di tutti i giorni.

Se vuoi scoprire come proteggerti dallo stress non perdertelo!!!

E ricorda…semplificare è sempre un atto rivoluzionario

Vuoi farci sapere cosa ne pensi? Scrivici a info@aprispazi.com o lasciaci un commento sui nostri social.

Seguici su:

Correlati

Previous
Next

Subscribe for latest news!

Subscribe now and be the first to access our
enrichingblog posts delivered straight to your inbox!